Alla ricerca del polimero perfetto: la missione di Dorina Opris
Quando la soluzione è nella “giusta chimica”: il lavoro di una studiosa svizzera sui polimeri dielettrici parte dalla sintesi di nuovi materiali
Muscoli e palpebre artificiali, altoparlanti flessibili, tessuti che prendono vita: sono alcune delle possibili applicazioni dei polimeri elettroattivi, particolari composti chimici capaci di cambiare forma e dimensioni quando sottoposti a stimoli elettrici.
Questi polimeri rientrano tra i cosiddetti materiali smart, e sono considerati in assoluto tra i più promettenti: possono trovare impiego come layer non conduttivi nei transistor impilati e nei sensori di nuova generazione, e hanno le potenzialità per rivoluzionare l’elettronica di consumo anche da un punto di vista dell’impatto ambientale.
Nei Laboratori Federali Svizzeri di Scienza e Tecnologia dei Materiali (EMPA), il team della dottoressa Dorina Opris sta lavorando alla sintesi di nuovi polimeri per trasduttori.
Quello che si cerca di ottenere è un polimero estremamente sottile, elastico, sensibile ai bassi voltaggi e che sia stampabile. Il polimero perfetto da usare come ultra-thin layer negli attuatori e nei sensori della prossima generazione.
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TRANS, il progetto multidisciplinare all’EMPA
Il progetto della dottoressa Dorina Opris, direttrice del gruppo di ricerca Functional Polymeric Materials all’EMPA, è stato premiato con l’ERC Consolidator Grant, prestigioso contributo quinquennale erogato dal Consiglio Europeo della Ricerca.
La ricerca durerà fino al 2026 e si chiama TRANS, che è l’acronimo di “Sintesi di nuovi polimeri dielettrici stimuli-responsive e loro applicazioni in trasduttori potenti”.
Lo scopo della Opris è quello di sviluppare nuovi polimeri in grado di trasformare l’energia, per esempio convertendo quella meccanica in elettrica o viceversa, e testarli su diverse applicazioni pratiche.
Questi nuovi materiali possono cambiare la propria forma in maniera reversibile quando sottoposti a un campo elettrico, generare elettricità quando vengono manipolati, convertire energia termica in elettricità e anche accumulare energia sotto forma di batterie.
Secondo Dorina, questi polimeri “hanno il potenziale per rivoluzionare diverse applicazioni, tra cui gli attuatori, i sensori, i muscoli artificiali, la soft robotics, la produzione e l’accumulo di energia, le componenti elettroniche flessibili e la refrigerazione allo stato solido”.
Un aspetto chiave di questo progetto è la sostenibilità: quello che si intende sviluppare è una serie di inchiostri stampabili, ecocompatibili, scalabili e semplici da applicare, che possano essere gli ingredienti attivi dei dispositivi elettronici del prossimo futuro.
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Polimeri elettroattivi: non soltanto elettronica
Sono passati quasi cent’anni dalla sintesi dell’elettrete, il primo polimero piezoelettrico: allora, per ricavare un materiale che generasse un campo elettrico, si combinarono cera di carnauba, cera d’api e colofonia.
Oggi, nei Laboratori Federali Svizzeri di Scienza e Tecnologia dei Materiali, il team di Dorina Opris lavora con tutt’altro genere di ingredienti, e punta realizzare materiali più funzionali dei primi polimeri piezoelettrici.
A differenza dei materiali piezoelettrici, che oggi sono usati soprattutto per generare piccole quantità di energia, i polimeri elettroattivi possono sopportare deformazioni molto rilevanti, fino al 380 per cento.
Mostrano inoltre tempi di risposta rapidissima e possono essere adattati a una gran varietà di applicazioni, anche in forza del fatto che sono realizzati a partire da materie prime relativamente economiche.
Questi polimeri hanno anche un’elevata resilienza, cioè sono in grado di riacquistare la forma originaria dopo essere stati deformati. Un esempio eccellente di questa proprietà è negli attuatori polimerici, o muscoli artificiali, a base di elastomero a cristalli liquidi, il cui funzionamento si fonda proprio sulla memoria di forma.
I nuovi polimeri dielettrici possono estendersi in risposta al voltaggio elettrico e possono essere utilizzati come ultra-thin layer negli attuatori, ma anche per altri componenti: per esempio, nel campo della meccatronica digitale, nell’elettronica di consumo e anche nella produzione di energia da fonti rinnovabili.
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Le strade tortuose e inedite della chimica
Prima di approdare al Politecnico Federale di Zurigo, la Opris ha studiato chimica organica all’Università di Babeş-Bolyai, a Cluj in Romania, passando per la Freie Universität di Berlino. Il percorso che ha condotto alla sintesi di nuovi polimeri per applicazioni tecnologiche che sono prettamente ingegneristiche ha richiesto tempo e collaborazione.
Le competenze che hanno portato al progetto TRANS sono il frutto anche del lavoro di diversi colleghi dell’EMPA. Tra questi l’ingegnere Gabor Kovacs, che ha guidato per diversi anni lo sviluppo di attuatori impilati con dischi di silicone espandibile.
“Gli strumenti che misurano come gli attuatori reagiscono in diversi campi elettrici è stata sviluppata da loro”, afferma la Opris. “Eravamo all’avanguardia su questo tema, e questo è stato estremamente d’aiuto alla mia ricerca”.
La chimica, però, lavora a un livello più nascosto: invece di chiedersi come stampare questi componenti, il team di Dorina si occuperà dello sviluppo di nuovi materiali adatti allo scopo. Alla chimica spetta la sintesi dei nuovi polimeri.
Il lavoro dell’équipe della Opris ha già prodotto risultati incoraggianti, riuscendo a stampare gli strati dei condensatori senza l’uso di solventi e sintetizzando un polimero siliconico in grado di reagire a un voltaggio di appena 300 volt.
Uno studente di dottorato ha inoltre recentemente prodotto un elastomero piezoelettrico che, in tensione, mostra una risposta elettrica molto più alta di altri polimeri oggi in uso.
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Il polimero perfetto: se basta “la giusta chimica”
Il profilo del polimero perfetto è tutt’altro che semplice da ottenere: deve essere il più sottile possibile, con l’obiettivo a lungo termine di realizzare molti strati in uno spessore di 10 micrometri. Deve essere anche facilmente manipolabile, sensibile a voltaggi deboli e allo stesso tempo molto robusto.
Soprattutto, spiega la dottoressa Opris, deve essere stampabile senza solventi. “I solventi possono danneggiare lo strato di polimero, inoltre il materiale necessiterebbe di un lungo processo di asciugatura per evitare l’emissione di vapori nocivi”. L’idea è quella di “provare a fare senza solventi, solo con la giusta chimica”.
Tra i composti più promettenti in tal senso ci sono i siliconi, su cui si lavora anche nei laboratori dell’EMPA. Questi polimeri sono semplici da sintetizzare, e i loro filamenti hanno una struttura chimica molto malleabile, il che li rende adatti ad essere funzionalizzati con gruppi polari.
Ciò che rende particolarmente ambizioso questo progetto di ricerca è reso dalla Opris con un’immagine evocativa: “Puoi immaginare questi siliconi come contenitori pieni di serpenti che vogliono muoversi in continuazione”.
I gruppi polari hanno un duplice effetto: prima rendono questi “serpenti di molecole” più sensibili ai campi elettrici, in modo che rispondano a voltaggi più deboli, poi operano come una specie di colla tra le molecole. Questo le irrigidisce, riducendo la loro elasticità.
La sfida è quella di mettere a punto l’equilibrio perfetto tra questi due effetti, e di ottenere che la transizione dallo stato solido a quello elastico si svolga a basse temperature. Questo consentirà di usare la tecnologia a temperatura ambiente, caratteristica fondamentale per future applicazioni pratiche.
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